Il castigo divino di Sisifo
Sisifo, re di Corinto e noto dannato dell’oltretomba, era il più astuto tra i mortali, colpevole di vari misfatti e punito da Zeus a trasportare con fatica un masso su una montagna. Ripetutamente non appena Sisifo raggiunge la cima il masso ricade in basso. Ecco che Sisifo è l’emblema di qualsiasi sforzo espiatorio inutile. La colpa di Sisifo è quella di aver passato la vita a ordire tranelli e inganni e di riuscire a farla franca.
Nel mito, Sisifo svela a Asopo che Zeus aveva rapito sua figlia, per questo motivo Zeus condanna Sisifo e lo consegna a Thànatos (la morte), ma l’astuto Sisifo riesce a immobilizzare Thànatos e scappare. Zeus chiama Ares, il dio della guerra, per liberare la morte e incastrare Sisifo, ma lui inganna nuovamente le divinità chiedendo alla moglie di non ossequiarlo dopo la morte. Con questo stratagemma andò da Persefone lamentando di essere stato lasciato morire senza degno funerale e la convince a farlo tornare in vita per punire la moglie e organizzarsi le esequie (per poi ritornare nell’Ade). Ma come sempre, il furbo Sisifo non rispetta i patti e non torna da Persefone. Da qui Zeus decide di punirlo a trascinare il famoso macigno per sempre, un’impresa ardua, ma improduttiva.
Sisifo rimane solo con se stesso, senza Dio, senza una guida… ogni sua scelta ricade sulle sue spalle! Ed è proprio questo l’assurdo di cui parla Camus, il peccato impunito “l’uomo che scopre se stesso nella delusione per cui decide di pagare con uno sforzo sovraumano”.
«Se vi è un destino personale, non esiste un fato superiore o, almeno, ve n’è soltanto uno, che l’uomo giudica fatale e disprezzabile. Per il resto, egli sa di essere il padrone dei propri giorni. In questo sottile momento, in cui l’uomo ritorna verso la propria vita, nuovo Sisifo che torna al suo macigno, nella graduale e lenta discesa, contempla la serie di azioni senza legame, che sono divenute il suo destino, da lui stesso creato, riunito sotto lo sguardo della memoria e presto suggellato dalla morte. Così, persuaso dell’origine esclusivamente umana di tutto ciò che è umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, egli è sempre in cammino. Il macigno rotola ancora. Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei e solleva i macigni. Anch’egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.[1]» |
Psicologia e mito: “Sisifo e il senso di colpa”
Ponendo Sisifo nel nostro teatro interno, esso rappresenta la punizione a cui ci sottoponiamo ogni qual volta pensiamo di esserci allontanati dalla cosa giusta e buona. Appena il nostro giudice interno valuta le nostre azioni/intenzioni come negative e immorali appare il nostro masso, da trascinare sulla vetta, per sollevarci dal peso del nostro comportamento. L’espiazione ci fa stare meglio, schiacciati dal masso paradossalmente ci sentiamo sollevati. Noi idealizziamo le nostre credenze, le rendiamo quasi divine e uniche nel loro valore. In alcuni casi, queste credenze emergono dal contesto culturale nel quale siamo cresciuti (per esempio la fedeltà legata alla nostra famiglia di origine ci porta spesso a ritenere infedeli e travianti i tentativi di individualizzazione: ho tradito la mia famiglia perché ho scelto altro per me…perché ho scelto un’altra città…perché ho scelto un altro stile di vita…in tutti questi casi il sano movimento di crescita può condurre al senso di colpa perché ci si allontana da quella credenza idealizzata e divinizzata spesso già prima della nostra nascita). Senso di colpa e responsabilità vanno a braccetto, ogni qual volta decidiamo di scegliere qualcosa di buono per noi emerge una sensazione di tradimento verso qualcuno o qualcosa! In quest’ottica la nostra vita è piena di massi da portare lungo il proprio cammino, “i sensi di colpa abbondano!”. Il problema è che crediamo che quelle credenze, quelle idee siano perfette (quasi divine direbbe Jung), ma tutto ciò che viene idealizzato prima o poi ci cade sulle spalle perché per perseguire la perfezione è faticoso e impossibile quindi spesso dobbiamo soffrire. . Per superare la colpa Nietzsche parla di “dimenticanza”, liberarsi di quella parte di noi che continua ad accusarci, e a presentarsi come l’unica parte nel giusto. Per superare la colpa bisogna individuare il nostro tribunale interno e riportarlo alla luce (“Il processo” di Kafka) per ascoltarlo in maniera lucida e non giudicante. Bisogna perdonarsi e ripartire, perdono e rinascita sono le chiavi di svolta, al contrario avremo la colpa e il rammarico. Senso di colpa: cos’è?Non c’è problema così terribile a cui non si possa aggiungere un po’ di senso di colpa per renderlo ancora peggiore (Bill Watterson). La colpa è un’emozione complessa che deriva dalla percezione di aver sbagliato qualcosa: ci siamo allontanati da ciò che è ritenuto giusto dal punto di vista etico e morale. Inizialmente il senso di colpa fu studiato da Freud in ‘Lutto e malinconia’ (1915), ma Freud concentrava la sua analisi sulla sfera intrapsichica. Solo in seguito è emerso l’interesse per l’aspetto socio-culturale ritenendo importante la totalità del contesto nel quale la persona è inserita. La colpa, emozione morale, ha il ruolo di inibire gli atti considerati immorali promuovendo un comportamento etico. Immaginativamente la colpa è la conseguenza di quel dito giudicante che ci sentiamo puntati contro. Essa si manifesta come un peso, continuo e doloroso, che ci trasciniamo dietro e che rende ogni nostro passo pesante. Quest’emozione emerge ogni qual volta ci troviamo in disequilibrio tra ciò che giudichiamo come giusto e ciò che mettiamo in atto o pensiamo. Quando nasce il senso di colpa?
Si tratta di un’emozione che emerge con il subentrare nel bambino della consapevolezza delle conseguenze delle sue scelte, quindi dopo la paura e la rabbia. Di solito la colpa è collegata alla paura e alla vergogna di essere “visti/scoperti”. Possiamo distinguere 2 tipi di colpa:
Nonostante questa distinzione, queste 2 forme della colpa possono coesistere o alternarsi nella stessa persona. Il senso di colpa, come tutte le altre emozioni, può avere un’importante funzione evolutiva e sociale o, può risultare invalidante e fonte di ansia e procrastinazione, cosi come emerge nel disturbo ossessivo-compulsivo. La durata di quest’emozione è variabile ed è correlata ai concetti di riparazione e accettazione. Essendo questi 2 concetti soggettivi e spesso collegati a caratteristiche di personalità, tale emozione può essere sperimentata come una costante. Emozioni correlate sono rabbia, paura, tristezza, vergogna, rimorso e rimpianto. Questo insieme di emozioni causa uno stato di tensione che spesso si accompagna a una serie di sintomi fisici che coinvolgono la testa e lo stomaco oltre a disturbi legati all’ansia. Strategie per liberarsi dal senso di colpaIl senso di colpa non va mai a spasso da solo: si fa accompagnare dai suoi amici, il dubbio e l’insicurezza (Meredith Grey). Come abbiamo detto, la colpa è un’emozione complessa e legata a fattori culturali, sociali e di personalità. Si manifesta anche nelle cose che etichettiamo come banali, nelle scelte semplici, in questo caso la cosa che manda in tilt la persona non è la scelta in se ma la responsabilità che essa comporta. Può rivelarsi estremamente utile ed adattiva, perché può aprire spazi di riflessione sul proprio comportamento e può produrre l’attivazione di gesti riparativi. Al di là della valenza adattiva del senso di colpa, esso può assumere più spesso manifestazioni ruminative di auto-rimprovero, rimorso o rammarico, fino addirittura a dolorose forme di auto-punizione. L’auto di un terapeuta è necessario per risolvere il conflitto interiore che spesso produce blocchi cosi atrofizzanti da impedire il normale flusso dell’esperienza. E’ possibile attivare alcune strategie che possono rivelarsi utili nel facilitare questo percorso di riflessione: 1. Elaborare le emozioni:Sentire ciò che proviamo, confrontarsi con le emozioni che emergono e capire ciò che provoca l’innesco che da il via alla colpevolizzazione. Comprendere il conflitto interiore che turba la persona ci porta a non avanzare giudizi su di noi! 2. Accettare ciò che è stato:Non possiamo controllare ogni passaggio della nostra vita, proprio come non possiamo continuare a rimuginare sul passato. Abbiamo il dovere di imparare dai nostri errori per migliorarci e per migliorare il nostro rapporto col mondo esterno. 3. perdonarsi per stare nel presente:Siamo umani e imperfetti, ciò significa che per definizione sbagliamo, ma fermarsi per non commettere errori o non andare avanti per punirsi è un errore imperdonabile. Soprattutto nell’errore è necessario puntare a ricostruire la stima e il rispetto verso la nostra persona, cosi facendo possiamo assumerci la responsabilità del nostro comportamento. 4. la produttività dell’errore:Imparare e crescere implicano per definizione il fare degli errori”, ogni errore se riconosciuto e integrato ci porta a migliorare nei vari aspetti della nostra vita: nessun bambino impara a camminare se prima non ha imparato a cadere! ecco che da questo punto di vista il senso di colpa fa da bussola del nostro comportamento. 5. distinguere ciò che fa parte della nostra sfera di competenza da ciò che è fuori dal nostro controllo.Per concludere…Sette anime è un film del 2008 di Gabriele Muccino. Psiche in greco significa anima, ed è di queste anime che il protagonista, Tim, si preoccupa per ristabilire il suo senso di giustizia e equità. La sindrome del sopravvissuto fa da cornice a questo film: un forte senso di colpa per essere sopravvissuto a un incidente. Tutto ciò porta Tim ad attribuirsi la responsabilità dell’evento traumatico e per riportare “Giustizia” dopo l’accaduto, si annienta.
BibliografiaCamus A., Il mito di Sisifo, Milano, Bompiani, 2017, prefazione. https://www.treccani.it/enciclopedia/sisifo_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/
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