Dott.ssa Maria Rita Vecchio
Intimità

Intimità

«L’intimità è la dimensione relazionale in cui i mondi interni degli esseri umani possono fisiologicamente comunicare e scambiare contenuti, sensazioni e pensieri». I piccoli, alla nascita, hanno bisogno di un totale interscambio (corporeo e psichico) con il mondo esterno (la madre). Lo sviluppo presuppone un passaggio graduale dal “dentro la madre” al “con la madre”. Questo passaggio richiede la presenza di un confine per poter stare con l’altro senza perdersi o disperdersi. Winnicott (1974) parla di “membrana Porosa” grazie alla quale è possibile l’intimità.

L’intimità relazionale implica: 

· Intimità con sé stessi; 

· Senso d’individualità; 

· Consapevolezza delle proprie ombre/vulnerabilità (altrimenti verranno proiettate sull’altro); 

· Stima di Sé e dell’altro; 

· “Accettazione, in modo da gettare ogni maschera protettiva (Falso sé). 

Nell’incontrare l’altro all’interno delle relazioni, ancor più se si tratta di relazioni intime, ogni membro della coppia porta con sé tutto il carico del suo passato. “Quando ci innamoriamo, si verifica uno strano paradosso: da una parte cerchiamo di ritrovare tutte o alcune delle persone a cui eravamo attaccati da bambini, e dall’altra chiediamo alla persona amata di correggere tutti i torti che quelle persone ci hanno inflitto[…]. Cosicché l’amore contiene in sé la contraddizione tra il tentativo di ritornare al passato e il tentativo di annullare il passato”. 

L’intimità che si «apprende dalla madre» è la maggiore intimità che si sperimenta nella vita. È il primo imprinting che si riceve e, qualsiasi esso sia, viene considerato normale. Parallelamente, nell’età adulta, gli ostacoli all’intimità nascono dal rapporto con la propria madre nella prima fase nella nostra vita. Di conseguenza il bambino che avrà sperimentato questa modalità più arcaica di “intimità e sintonizzazione” con una madre non disponibile al contatto pieno, da adulto avrà la sensazione di “non esistere” e i propri bisogni non verranno più espressi nella certezza di una mancata soddisfazione, rifuggendo all’intimità. La pelle è “l’altro specchio dell’anima” con funzioni di comunicazione; contenimento; confini. Essa permette al neonato di cominciare a costruire i significati dell’esperienza attraverso il passaggio da una relazione simbiotico-dipendente, in cui vi è il “fantasma di una pelle comune”, a una progressiva separazione-individuazione dalla stessa, che consente il riconoscimento di «una pelle propria e di un Io proprio» (Mahler, 1975). 

Per D. Winnicott (1960), il bisogno di contenimento (holding) ritorna nella vita di ognuno, ogni qualvolta si presentano situazioni particolarmente minacciose o stressanti. 

Il contatto “a pelle” si connota così come uno dei principali fattori predittivi di uno sviluppo psico-fisio-relazionale sano (Koblenzer, 1997). Secondo la teoria dell’attaccamento le relazioni si sviluppano lungo un percorso biologico e sociale. I MOI ci guidano lungo tutta la nostra esistenza ed implicitamente danno vita al nostro «modo di amare, chiedere amore e stare in relazione». Partendo dalle formulazioni di Bowlby, vari studi successivi hanno evidenziato come ci sia un nesso tra l’attaccamento ricevuto nell’infanzia e lo stile relazionale adulto, infatti: l’adulto sicuro cerca l’intimità senza particolari paure; l’adulto con uno stile di attaccamento preoccupato cerca l’Intimità ma teme l’abbandono; infine quello distanziante evita l’intimità a causa della paura di essere inglobato dall’altro. 

La paura dell’intimità assume particolari colorazioni emotive connotate da vergogna, sfiducia e bassa stima di sé. Questa costellazione emotiva nasce e si concretizza sulla base di “introietti e ingiunzioni” arcaiche, cristallizzate nell’individuo, che fungono da schema per il proprio copione di vita: 

“Non sono amabile”; 

“Non sono degno di essere amato”; 

“per essere Ok devo essere…” 

Seguendo questo assunto di base, nelle relazioni intime, secondo Berne introduciamo una serie di ruoli e giochi già definiti durante l’infanzia. Tali giochi permettono il raggiungimento di una pseudo-intimità che soddisfa bisogni altri, ma ci distanzia dal vero contatto preservandoci dalle nostre paure. Perseverando nel gioco per noi o/e da noi stabilito continuiamo a riproporre nelle nostre relazioni la stessa richiesta d’amore che facevamo da bambini. In questo modo non chiediamo amore, ma continuiamo ad agire un bisogno infantile. Rimanendo bloccati nel tempo passato evitiamo di entrare nell’intimità del presente. 

La “Vera” intimità avviene nel qui ed ora, quindi è necessario restituire dignità al tempo presente aprendosi “Con-Tatto” per preservarsi dalle paure. 

Nel lavoro terapeutico è possibile rintracciare i meccanismi che legano la persona al ruolo giocato nella relazione facendo leva sul “tempo in cui vive” e sulle modalità di evitamento messe in atto legate all’ “Io-bambino”. Iniziando a sperimentare sé stessi nel presente è possibile iniziare un viaggio nella piena consapevolezza di sé per reperire gli strumenti adeguati per stare bene con se stessi e in coppia. Il viaggio con Psiche è un viaggio fatto con i sensi, attraverso il corpo, per approdare ad una maggiore stabilità fisica e psichica, tenendo sempre in considerazione il rapporto pelle-coscienza. Questo passaggio è fondamentale per affrontare il dolore e utilizzarlo per rafforzare i nostri confini in modo da facilitare il contatto con l’altro. Segue il lavoro sulle emozioni che emergono e che sono alla base del blocco o dell’inibizione dell’intimità e che hanno ripercussioni sulle modalità relazionali. Grazie a questo percorso è possibile rintracciare gli introietti e le ingiunzioni che con il tempo abbiamo introiettato e riporli nel passato per fare spazio ad una ri-decisione del proprio copione di vita. 

Proprio perché l’intimità prevede regressioni a fasi dello sviluppo infantili, la situazione edipica di freudiana memoria, deve essere sostanzialmente superata per la costruzione di quelle che sono le premesse necessarie al raggiungimento dell’intimità, cioè: la fiducia di base, in sé stessi e nell’altro e un’identità forte e flessibile. Questo passaggio è necessario per pulire il legame tra intimità ed erotismo. Fare gestalticamente esperienza della tenerezza, della disponibilità e della responsabilità sono componenti essenziali per contrastare eventuali aspettative, introietti e filtri. In questo passaggio di consapevolezza è necessario vedere la capacità della persona di tollerare la frustrazione. L’unione tra testa e cuore è la prima metà del cammino che conduce a divenire una persona aperta all’amore; l’altra parte del cammino implica l’unione del cuore con il corpo e il suo sentire, ciò rende pienamente consapevoli della propria intimità.

Lowen, nel tentativo di collegare il bisogno di intimità e contatto alla concezione personale dell’amore, suggerisce di individuare la fase dello sviluppo dalla quale proviene l’affermazione “Ti Amo!”, cosi individua 5 possibilità, funzionali nel tempo in cui si sono strutturate, ma disfunzionali se utilizzate in tempi e contesti diversi: 

a) amore dell‟infanzia-0/2 anni (Ha bisogno di calore, cure, aiuto e protezione; in cambio offre un legame con il futuro al di là di se stessi; rinnovamento e crescita), Amore e Felicità; 

b) amore della fanciullezza-3/6 anni (ha bisogno di aiuto, protezione e approvazione; in cambio condivide la gioia e il gioco), Voglia di giocare e Allegria; 

c) amore pre-puberale-7/12 anni (ha bisogno di aiuto, approvazione e guida; in cambio condivide l‟eccitamento dell‟avventura e si offre ad amicizie profonde), Avventura e scoperte; 

d) amore adolescenziale-13/19 anni (ha bisogno di consigli e di libertà; in cambio offre eccitazione e un brivido di romanticismo e di sesso), romanticismo e estasi;

e) amore adulto-20/…anni (ha bisogno di un compagno con il quale dividere la vita; in cambio da affetto, rispetto e aiuto), responsabilità e appagamento. 

È evidente come il processo che riguarda l’intimità e l’amore di coppia sia in realtà un processo di sviluppo e di espansione della coscienza. Ogni fase rappresenta una diversa coscienza di sé e del mondo, che però non è un elemento isolato della personalità, ma un aspetto essenziale della globalità dell’organismo.

“L’amore, sentito così, è una sfida continua; non è un punto fermo, ma un insieme vivo, movimentato; anche se c’è armonia o conflitto, gioia o tristezza, è d’importanza secondaria dinnanzi alla realtà fondamentale che due persone sentono se stesse nell’essenza della loro esistenza, che sono un unico essere essendo un unico con se stesse, anziché sfuggire se stesse. C’è solo una prova che dimostri la presenza dell’amore: la profondità dei rapporti e la vitalità e la forza in ognuno dei soggetti. È da questo che si riconosce l’amore.” (E. Fromm)

La paura dell’intimità entra in competizione con l’esigenza di amare ed essere amati. Quando le due forze hanno la stessa intensità abbiamo l’anestesia dei sentimenti e spesso questa anestesia dà il via al famoso “sogno senza sonno” raccontato dalle fiabe. Il non legame porta alla certezza del nulla, e questo è visto come posto sicuro. L’esperienza dell’intimità spesso provoca un senso di perdita del controllo, del confine. Per riuscire a superare questa impasse è necessario riconoscere le proprie paure e le resistenze che vengono attuate, in quanto funzionali all’autoregolazione nevrotica, senza demolirle. Lo spazio terapeutico diventa il contesto dove sperimentare intimità in modo sicuro, ri-strutturare e rinforzare l’Io fragile porta ad una gestione sana dei confini di contatto (esperienze emotive correttive). La danza dell’intimità, la danza nuziale, come dice F. Pilloni (2002) implica: un atteggiamento positivo con sé stessi e con il partner e la capacità di provare piacere nel e dal contatto. Attraverso l’unione di mente e corpo, quindi delineando i propri confini (pelle), è possibile lavorare sulla vergogna di mostrarsi all’altro. “Non possiamo apprezzare un sentimento che non conosciamo, per conoscere l’amore è necessario saperlo recepire, aprirsi alla conoscenza, anche “scientifica”, dell’amore, nei suoi aspetti fisici, psicologici e spirituali”. L’intimità richiede una competenza che va allenata, essa non si realizzare spontaneamente, ma attraverso l’accettazione e l’assunzione di responsabilità. Ciò permette di intravedere i miglioramenti attuabili, senza la pretesa di fare una rivoluzione irrealistica e magica della propria persona. Siamo tutti vittime di altre vittime (Cusinato, 1992), perdonarsi e perdonare significa riconoscere la nostra dimensione imperfetta di esseri umani, questo ci ridà l’energia adeguata per scegliere la nostra strada nel mondo. La paura dell’intimità è spesso legata alla maschera della vergogna. Solo giocando con la vergogna possiamo utilizzare a nostro favore la stessa per proteggerci dalle nostre paure (antidoto).

La persona matura è immersa in una realtà in continuo movimento e l’intimità stessa necessita di movimento. Essere capaci di amare e di negoziare con sé stessi e con l’altro implica il prendersi cura di sé.