“La mente umana possiede dei meccanismi primitivi di autodifesa che negano tutte le realtà che causano al cervello uno stress eccessivo da sopportare. Si chiama negazione”.
Dan Brow
Lo stress è dato dalla risposta adattiva dell’organismo alle pressioni dell’ambiente (interno ed esterno). Si tratta di una risposta fisiologica normale e funzionale all’evoluzione della specie. Il punto di svolta verso l’accezione patologica dello stesso sta nel protrarsi nel tempo.
Nello specifico si parla di Eustress quando gli stimoli interni ed esterni sono funzionali per la persona; al contrario, il Distress indica quelle situazioni in cui la reazione prolungata agli stimoli supera la finestra di tolleranza propria dell’individuo.
In quanto esseri viventi siamo sempre immersi in un ambiente fatto di strutture fisiche (città, casa, scuola, uffici, etc.) e di reti relazionali; ne possiamo dedurre che lo stress fa parte della vita tanto quanto il respirare.Essendo un fattore strettamente legato alla vita è necessario sviluppare strategie di risposta pertinenti e funzionali in modo da trarre vantaggio dalle varie richieste e da riformulare il nostro equilibrio psicofisico (Selye, 1974).
Se non prestiamo attenzione all’incontro tra richieste ambientali e bisogni dell’organismo non evitiamo lo stress, ma trasformiamo quel disagio potenzialmente funzionale in un disagio fisico cronicizzato.
Lo stress Cronico, a differenza di quello acuto, è estremamente negativo nel lungo periodo in quanto lede le nostre capacità reattive e la nostra resilienza (pensiamo a continuare a fare un lavoro che non ci piace, per esempio!). È in questo caso, infatti, che emergono problemi psicosomatici di varia natura: cardiaci, gastrointestinali, respiratori, ormonali, alla pelle, ecc.
Non sottovalutiamo lo stress acuto, infatti nel lungo periodo anche fattori stressanti che ci permettono di raggiungere un’attivazione ottimale per lo svolgimento di un compito (concentrare lo studio l’ultima settimana prima dell’esame per alcune persone è stimolante) può scardinare il nostro equilibrio; sono queste e situazioni in cui perdiamo totalmente il controllo che pensavamo di avere e che ci possono procurare un esaurimento.
Quali sono le fasi del processo stressogeno?
- Allarme: si tratta del presentarsi di un evento che attiva la normale risposta fisiologica dell’organismo. La persona è in allerta, attenta a tutto ciò che lo circonda. Spesso questa reazione si associa a una specifica postura mentale e fisica connotata da una estrema tensione e rigidità;
- Resistenza: è la fase della normalizzazione della precedente risposta fisiologica. Per la persona questo stato diventa la normalità;
- Esaurimento: la continua resistenza porta all’estremo le risorse presenti nella persona;
- Crollo/Rottura: dopo l’attuazione di diverse strategie tutte orientate alla resistenza, avviene il crollo! Un corpo in estrema tensione è destinato a rompersi, ed è in questo momento che compaiono vari sintomi psichici, fisici, cognitivi e emotivi.
Quando lo stress diventa patologico entrano in gioco le famose “Strategie di Coping”. Si tratta di comportamenti che hanno la funzione di mediare la situazione e che, nelle situazioni patologiche, convergono nella “Sindrome Generale di Adattamento” (insieme di reazioni attivate grazie alla mediazione del sistema nervoso autonomo e dal sistema neuroendocrino) con una serie di disfunzioni organiche e psichiche come evidenziato dallo schema.
Parliamo di Coping: il processo e le strategie
Come abbiamo già detto, il coping racchiude in sé un processo adattivo nella gestione dello stress. Prendendo come riferimento le elaborazioni di Lazarus (1974) e successivamente di Folkman (1984), possiamo vedere come questa modalità adattiva può diventare disfunzionale. La Teoria Cognitivo-Transazionale prende in considerazione il ruolo delle “valutazioni cognitive” nella risposta di coping. Noi interpretiamo gli eventi, ma l’interpretazione non è la “realtà oggettiva”; comunque è da questa interpretazione che parte la nostra valutazione della situazione e la conseguente reazione. Questo processo di valutazione consta di momenti diversi:
- Valutazione Primaria: necessaria per capire se l’interpretazione che abbiamo fatto dell’evento è per noi importante (Mi fa bene? È quello che voglio? Mi porterà al raggiungimento dei miei scopi?);
- Valutazione Secondaria: necessaria per la ricerca delle strategie/risorse migliori per far fronte all’evento (Aspettative positive; Autostima; Autoefficacia; Padronanza; Supporto sociale);
- Ri-Valutazione: necessaria per modificare le interpretazioni fin qui fatte dell’evento e/o dell’impatto emotivo che l’evento ha sulla persona.
Fin qui abbiamo parlato del processo che costituisce il coping, ma quali sono le strategie?
Possiamo distinguere 3 gruppi di strategie:
- Centrate sul problema-soluzione della situazione problematica;
- Centrate sull’emozione-regolazione dell’impatto emotivo che la situazione ha sulla persona;
- Centrate sull’evitamento (Lazarus e Folkman, Endler e Parker, 1990).
Se consideriamo sia il processo di valutazione (capacità di problem solving), sia l’attivazione delle risorse personali (resilienza), mettiamo in evidenza gli aspetti funzionali delle strategie di coping.
Quando il coping diventa disfunzionale?
L’attuazione delle strategie di coping diventa disfunzionale quando le stesse risorse e strategie utilizzate per fronteggiare l’evento stressante (ottimismo; poca considerazione della nostra condizione umana di fragilità; perseverazione estrema verso il raggiungimento degli obiettivi; eccessivo controllo delle situazioni con l’aspettativa di avere in pugno tutte le eventuali opzioni) si rivelano inutili e consumano le energie della persona.
Conclusione
Nelle situazioni quotidiane è bene validare le proprie valutazioni dell’evento stressante: la socializzazione delle situazioni-problema insieme a un attento esame delle nostre emozioni, è un ottimo modo per affrontare le situazioni “stressanti” senza soccombere agli eventi, ma crescendo grazie ad essi.
Se la situazione persiste è preferibile iniziare un percorso terapeutico in modo da valutare sia eventuali bisogni non riconosciuti nella persona, spesso legati al passato e a credenze, che possono in modo inconsapevole portare la persona a rivivere sempre le stesse situazioni. Inoltre, un percorso di psicoterapia permette l’esplorazione della propria struttura caratteriale, in modo da rendere la persona consapevole della funzione che alcune strategie (ancora attuali) hanno avuto nel passato, sottolineandone però la loro poca funzionalità nel presente.
“Renderci flessibili è il modo migliore per non romperci!
Bibliografia
- Robert M. Sapolsky. Perché alle zebre non viene l’ulcera? La più istruttiva e divertente guida allo stress e alle malattie che produce. Con tutte le soluzioni per vincerlo. Ed. Castelvecchi (14 giugno 2018).
- Boschi; L. Sprugnoli. Superare l’ansia: Mantenere il self-control nel lavoro e nella vita privata. Ed. De Vecchi s.r.l. (2010).
- Bauman Zygmunt. Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone. Collana, Economica Laterza. Roma. Ed. Laterza (1998).
- Rees L. W., Stress, Distress and Disease, “Brit. F. Psychiat.”, 128, pp. 3-18, 1976
- Selye H. (1974), Stress senza paura, Rizzoli, Milano, 1976. Selye H. (1976), The stress of life, Mc Craw-Hill, New York.
- Seyle H, The stress of life. McGraw-Hill, 1956.
- Seyle H. Endocrine reactions during stress. Anesthesia and analgesia, 1956,3:182-193.
- Taylor, S. E., & Stanton, A. L. (2007). Coping resources, coping processes, and mental health. Rev. Clin. Psychol., 3, 377-401.