“Quando parliamo della vita in realtà parliamo di relazioni. Non esistiamo nell’isolamento e il vivere emotivo implica sempre il coinvolgimento dell’altro”
(Carl A. Whitaker).
Dar sollievo al dolore evita la formazione della perla…, entrare nel dolore permette di entrare nell’intimità della relazione
Scelta del Partner e teoria dell’attaccamento
In una visione romantica dell’innamoramento, siamo attratti per caso, cerchiamo e troviamo la nostra metà della famosa mela e, nel bel mezzo della nostra più o meno consapevole ricerca riusciamo a trovarla. La metà della mela è una rappresentazione romanzata dei nostri bisogni più intimi. Nella realtà, nell’altro ricerchiamo la soddisfazione dei bisogni di sicurezza, procreazione e accudimento. Questi bisogni sono strettamente legati al tipo di attaccamento che abbiamo avuto nell’infanzia con il caregiver.
Secondo Bowlby, sulla base del nostro specifico attaccamento, formiamo dei Modelli Operativi Interni (schemi mentali che ciascuno di noi costruisce nel corso della propria vita, interagendo con l’ambiente, cioè rappresentazioni interne di sé stessi, delle proprie figure di attaccamento e del mondo) che ci accompagneranno durante tutto il corso della vita, anche nella scelta del partner (Hazan e Shaver, 1987).
In un’ottica sistemica, la scelta del partner è condizionata da aspetti socio-culturali e mette insieme le risorse personali e i bisogni familiari (mito e mandato). Il mito riguarda la storia, la cultura e le tradizioni della famiglia d’origine. Si tratta di un sistema di credenze, valori e funzioni condivisi dai membri che, a loro volta si concretizzano in comportamenti; Il mito si tramanda di generazione in generazione e ha componenti reali e componenti fantasticate: “Nella nostra famiglia non ci sono mai problemi”, “Tu sei la causa di tutti i nostri problemi”. Si tratta di frasi fatte e ripetute giorno dopo giorno che creano nel tempo falsi miti di perfetta armonia e condivisione familiare o, viceversa, di capro espiatorio e incomunicabilità. Quindi il mito non accetta la messa in discussione.
“I sintomi del malessere della famiglia sono collegati ai ruoli che la famiglia ha prefissato per ogni suo membro e sono determinato da triangoli prestabiliti di interazione. Ogni stress atto a provocare la comparsa dei sintomi può mobilitare la famiglia a trasformare uno dei suoi membri in un pz designato/capro espiatori. “La scelta del sintomo è come ogni altra scelta politica (la carica di ubriacone della città è una carica elettiva, ognuno deve concorrervi e gli altri devono votare; M. Twain). Per la scelta del sintomo scendono in campo, oltre alle famiglie di origine e ai membri della famiglia attuale, anche l’immagine storica della famiglia” (C.A. Whitaker).
Le storie ricordano a ciascun membro ciò che deve essere e ciò e ciò che deve fare o non fare e, di conseguenza, la modalità di affrontare i problemi e rispondere agli eventi dolorosi. Il mito familiare definisce, pertanto, il mandato familiare che ogni individuo è indirettamente chiamato a portare avanti per aderire al patto di famiglia (Andolfi, 1987). Il mandato deriva direttamente dal mito, esso riguarda i ruoli da ricoprire e le scelte, in maniera più o meno espliciti, da fare da parte dei vari membri del sistema.
In questo quadro possiamo dire che la scelta del partner avviene seguendo due posizioni caratteristiche:
- Scelta complementare (per somiglianza con il genitore di sesso opposto);
- Scelta per contrasto (per differenziazione dal genitore del sesso opposto).
La coppia, essendo formata da tre diverse dimensioni (IO-TU-NOI), deve affrontare i cambiamenti su questi 3 diversi livelli. Ogni cambiamento in una sua parte avrà ripercussioni sulle altre aree.
È chiaro che nella fase dell’innamoramento, una fase che ha una durata ben definita (6 mesi/1 anno), i due partner avranno delle aspettative narcisistiche rispetto all’altro e alla relazione. Si tratta di una fase di illusione che lascerà lo spazio alla successiva fase della disillusione. È proprio in questo momento che l’altro ci appare così com’è, con pregi e limiti. Ma è in questo momento che si passa dall’innamoramento all’amore (la scelta consapevole).
Dice Andolfi (1999) che la scelta del partner si basa sul gioco di “vuoti” e “pieni” e che proprio la loro interazione dinamica permette che il rapporto di coppia vada avanti, si evolva o si interrompa. Spesso, in quest’ultimo caso il trauma legato alla conclusione del rapporto diventa la premessa per la continua ricerca di ricostruire il rapporto interrotto e idealizzato in cui trovare sicurezza e appagamento. In questa situazione entrano in gioco i valori trasmessi attraverso il mito e la storia della famiglia d’origine. Un ruolo fondamentale assume il modo in cui sono stati affrontati all’interno della propria famiglia i processi di unione e separazione tra i membri e la qualità di sicurezza o insicurezza dei legami. Il mito crea quindi delle aspettative rispetto all’evoluzione del legame e dà delle prescrizioni di comportamento.
La Terapia di coppia: Teoria e Tecnica della Gestalt
Gli elementi basilari per lo sviluppo della coppia sono: adattabilità/flessibilità; comunicazione; espressione delle emozioni; capacità di risolvere i problemi; equilibrio tra vicinanza/distanza.
Quando parliamo di terapia di coppia è necessario ricorrere a un più complesso e completo bagaglio sia teorico che tecnico. Proprio in quest’ottica di completezza la teoria della gestalt utilizza l’integrazione teorico-tecnica per cogliere tutte le sfumature della coppia, integrando nel lavoro terapeutico presente e passato dell’Io e del Tu per la progettazione di un Noi insieme. L’obiettivo primario è quello di trovare, all’interno di una cornice protetta, un nuovo spazio intimo d’incontro nel quale è possibile mettersi in discussione per aprire le porte all’espressione di sé, alle proprie aspettative e all’incontro di due mondi. In questo spazio è possibile attuare un processo di consapevolezza individuale e relazionale che sottolinei il proprio vissuto emotivo sia attraverso la parola sia attraverso il corpo.
All’interno dello spazio della terapia, la coppia arriva con un proprio bagaglio emotivo che può essere caratterizzato da 3 prevalenti macro contenitori (Nardone 2010):
- Depressivo-Aggressivo: Frustrazione/Rabbia/Colpa, ricerca di un problema da risolvere;
- Ambivalente-Schizoide: mancanza di contatto con la sfera emotiva e di confini. Il problema è proiettato sull’altro;
- Ansioso-Ossessivo: controllo/resistenza, il problema permette di deviare l’attenzione e l’ansia.
Nelle dinamiche di coppia è necessario lavorare su più livelli in modo da individuare quali fattori incidono maggiormente sul progetto relazionale e quali fattori necessitano di essere rivalutati e rielaborati in modo da riportare tutto nel progetto del “Noi”.
Il lavoro di coppia prevede una conduzione a due in modo da evidenziare e lavorare in un’ottica esperienziale sui contenuti emersi.
All’inizio della terapia può risultate utile l’uso del genogramma per acquisire informazioni sull’identità dei partners e sulle loro famiglie di origine, evidenziando non solo lo spazio vitale definito dalla coppia ma anche i mandati transgenerazionali trasmessi dalle proprie famiglie (“miti familiari, ruoli, aspettative”) e inconsapevolmente assimilati dai coniugi.
Tra i problemi che spesso possono insorgere, quello più comune è la vergogna da parte di entrambi o uno dei partner. Anche la vergogna va elaborata in terapia in modo da uscire dal circuito vizioso che spesso rende difficile il processo comunicativo.
Nel lavorare con la coppia va posta molta attenzione all’interazione delle dinamiche comunicative verbali e non verbali, sia alle modalità di adattamento e di resistenza al contatto presenti nei vari spazi personali e relazionali che i due partner gestiscono.
Nell’ambito del lavoro gestaltico è possibile favorire la rielaborazione dei vissuti individuali e il peso della storia passata per focalizzare l’attenzione sul Noi presente nel qui ed ora. Riassumendo possiamo individuare brevemente le linee principali della terapia di coppia:
- Meccanismi di resistenza al contatto (dei singoli partner e della coppia come “Noi”);
- Linguaggio verbale e corrispettivo significato emotivo;
- Linguaggio non verbale;
- Giochi relazionali, ruoli e ricorrenza di miti e mandati familiari;
- Famiglie d’origine;
- Aree di socialità esterne.
BIBLIOGRAFIA:
Perls, F., Hefferline, R., Goodman, P. (1951). Gestalt Therapy: Excitement and Growth in the Human Personality. New York: Julian Press.
Zinker, J. (1977). Creative process in Gestalt Therapy. Oxford, England: Brunner/Mazel.
Minuchin, S. (1974). Families & family therapy. Londra: Tavistock.
Whitaker, C. (1984). Il gioco e l’assurdo. La terapia esperienziale della famiglia. Roma: Astrolabio-Ubaldini.
Beavers, W. R. (1986). Il matrimonio riuscito. Approccio sistemico alla terapia di coppia. Roma: Astrolabio Ubaldini